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TUTTI PAZZI PER MARY
(THERE'S SOMETHING ABOUT MARY)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 11 dicembre 1998
 
di Peter et Bobby Farrelly, con Cameron Diaz, Ben Stiller, Matt Dillon (Stati Uniti, 1998)
 
Cameron Diaz
Il più imprevedibile successo della stagione negli Stati Uniti? Un film fatto apposta per non mettere nessuno d'accordo (che sia una delle ragioni del delirio provocato?), garantito per attirarmi le ire dei lettori.

Posso sempre provare a dire che si tratta di una commedia sentimentale tradizionale, condotta sul filo di quella logica che, nella sua immutabilità l'ha resa insopprimibile nel cinema americano. La storia di una donna giovane non solo bella (il peso della grazia difficilmente eguagliabile di Cameron Diaz...), ma pure ricca, gentile, generosa con il fratello handicappato con ogni sorta di disgraziato che le capiti a tiro; con un unico fastidio grasso, quello di essere troppo corteggiata. E quella di un altro ragazzo modello e piuttosto sfigato (Ben Stiller) che ancora non l'ha dimenticata dopo quindici anni di assenza; ma che, da buona pasta imbranata, non trova di meglio che affidare ad un investigatore equivoco e soprattutto maniaco sessuale Matt Dillon) le indagini per ritrovarla.

Canovaccio impeccabile, come il suo indubitabile happy-end; discorsetto all'acqua di rosa ma sempre utile sul trionfo dell'onestà e dei buoni sentimenti nei confronti dell'inganno e della manipolazione dei sentimenti. Se non che, sono troppo le pause tra una trovata e l'altra, le cadute dello stile registico, l'assenza di una solida architettura che organizzi la leggerezza del gioco perché si possa veramente accennare all'universo di Cary Grant e Katherine Hepburn.

Comicità irresistibile, allora? Per ridere, si ride. Ma intendiamoci, tutto dipende dal grado di buona bocca; dal livello di guardia di apprezzamento nei confronti della provocazione comica

Perché la caratteristica principale di MARY rimane pur sempre quella della sua impudenza: dell'assenza di correttezza, di quel politically correct cosi diffuso dall'aver reso insopportabile il termine. Di una ritrovata trivialità nella commedia americana dei Billy Wilder, dei Blake Edwards dei, perché no, fratelli Coen: un testicolo che va ad incastrarsi nella chiusura lampo, mentre al timido protagonista stava finalmente riuscendo di condurre la più bella di tutte al ballo della scuola. O il risultato di una esilarante masturbazione che finisce (questo non vi dico come) a far da gel sul ciuffo ribelle della biondina; o, ancora, il cagnolino ringhioso annientato a colpi di pastiglie tranquillanti, ma poi rianimato con le scariche elettriche della lampada da salotto.

Salutare vocazione, quella di Peter e Bobby Farrelly, per lo scandalo scanzonato? Staremo a vedere: perché pure nei loro lazzi di presunto cattivo gusto con ebrei, minorati, omosessuali, zitelle e cagnolini gli autori procedono per saggi (non a caso il film non è prodotto da qualche sconsiderato indipendente, ma dalla Fox; ed il prossimo film dei due avrà come protagonista Woody Allen...) due passi innanzi ed uno all'indietro. Gradevole o volgare, spassoso o debile, pensato o cretino l'itinerario di TUTTI PAZZI PER MARY è più protetto che non si creda da una bella infilata di barriere di protezione: il che spiega, probabilmente, le ragioni del suo grande successo.


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